Chiara Zanotelli, inviata speciale a Doha/ Agenzia di Stampa Giovanile Internazionale
Considerazioni
dopo la tavola rotonda con i due co-chairs della Piattaforma di
Azione di Durban, tenutasi nella Sala degli incontri blu. Prima che
l’aurea del tanto atteso e ormai imminente giorno di riposo
iniziasse a pervadere i corridoi del Qatar National Convention Center
Le
discussioni a Doha di questi giorni sono attese essere un passo
importante per la storia dei negoziati sul clima delle Nazioni
Unite. Il gruppo di lavoro ad hoc del Protocollo di Kyoto (AWG-KP) e
quello sull’azione cooperativa di lungo termine (AWG-LCA) hanno il
mandato di completare il loro lavoro, e si sta svolgendo la seconda
sessione formale del gruppo di lavoro per la Piattaforma di azione
avanzata di Durban. Le sessioni di apertura di questi gruppi di
lavoro danno una piccola angolatura di quello che ci si può
aspettare da Doha e una spiegazione di questa nuova fase nei
negoziati sul clima e del paesaggio politico dietro a questa.
Durban
ha ufficialmente offuscato la distinzione tra paesi sviluppati e
paesi in via di sviluppo con la creazione della Piattaforma di Azione
Avanzata di Durban (ADP). L’ADP - il cui obiettivo è quello di
sviluppare un protocollo, un altro
strumento legale o un risultato convenuto con forza legale
applicabile a tutte le parti - è il
risultato finale di estese negoziazioni e dispute che sono iniziate
già nel 2005 con l’avvio delle discussioni su un secondo periodo
di impegni del Protocollo di Kyoto.
Mentre
l’obiettivo dell’ADP è ambizioso, è nelle mani di ogni
parte il compito di disegnare un regime universale che sia
consistente con il processo e i principi della Convenzione. Come ci
si doveva aspettare, le posizioni degli stati per quanto riguarda la
chiusura dell’AWG-KP e dell’AWG-LCA, come anche la forma legale e
la struttura del nuovo accordo, variano assai. Mentre i paesi in via
di sviluppo danno il benvenuto al progresso fatto dall’ADP nelle
sessioni informali e formali tenutesi rispettivamente a Bonn e a
Bangkok, essi mostrano anche una grande preoccupazione riguardo ad
alcuni punti chiave rimasti irrisolti a Durban che i paesi sviluppati
vogliono completamente ignorare. Tra le questioni c’è la mancanza
di impegni solidi da parte dei paesi sviluppati di ridurre le
emissioni di gas serra sotto il secondo protocollo di Kyoto,
parallelamente a sforzi analoghi, sotto l’ombra della Convenzione,
da parte dei paesi sviluppati non-parti del Protocollo, come gli
Stati Uniti.
Manca anche un accordo chiaro da parte dei paesi
industrializzati di fornire sostegni finanziari per la mitigazione e
l’adattamento per il periodo 2013-2020. I paesi in via di sviluppo
sostengono che tali questioni devono essere affrontate qui a Doha per
completare con successo il lavoro dei due gruppi di lavoro, per
semplificare il lavoro che seguirà sotto l’ombrello della
Piattaforma d’Azione di Durban e per raggiungere un accordo
comprensivo tra gli stati.
Mentre
l’Unione Europea e alcuni altri gruppi, tra cui quelli della
cosiddetta OMBRELLA, che include parti come gli Stati Uniti, Canada,
Australia e Giappone, sollevano potenziali questioni, sia dalle
asserzioni che dalle dichiarazioni fatte nella sessione iniziale
dell’ADP, reiterando il bisogno di un nuovo accordo che sia
applicabile a tutti, ma senza fornire ulteriori dettagli sul come
raggiungere questo obiettivo, sono particolarmente interessata dalle
rumorose richieste di altri paesi come Cina, India, Brasile, affinché l’ADP applichi in tutti gli aspetti della sua
agenda i principi della Convenzione. La dichiarazione del gruppo
BASIC è supportata da alcuni di quei paesi chiave come ALBA (America
Latina), il G77 e Cina e il Gruppo Africano. La posizione del gruppo
BAASIC in particolare reitera che in nessuna circostanza sarà
disponibile a sopportare il fardello - la responsabilità storica dei
paesi sviluppati di ridurre le emissioni di gas serra e concedere i
finanziamenti e la tecnologia necessari ai paesi in via di sviluppo
per affrontare i loro bisogni di adattamento e rinforzare gli sforzi
di mitigazione intrapresi - dei paesi sviluppati.
Le ONG,
orientate verso la giustizia climatica, e molti paesi in via di
sviluppo sostengono già da molto tempo che il forte desiderio dei
paesi sviluppati di giungere a stipulare un trattato che sia
applicabile a tutti, ma senza fornire molti altri dettagli a
riguardo, sia una scappatoia per sfuggire alle proprie responsabilità
nel rispondere alla crisi climatica. Che questa considerazione sia
corretta o no, le posizioni dei paesi in via di sviluppo in riguardo
al lavoro dell’ADP rendono chiaro che il principio delle
responsabilità comuni ma differenziate rimarrà un elemento chiave
sul tavolo dei negoziati. L’elaborazione di un accordo ad
applicazione universale che rifletta questo principio essenziale
della Convenzione è un compito ambiguo e richiederà sempre molta
attenzione e precauzione da parte di tutti gli stati. Comunque, a
cosa assomiglierà questo accordo, in termini di forma legale e
struttura, resta un mistero. È certamente troppo presto da dire, ma
se l’ADP non sfornerà un prodotto che consideri responsabili
storici i paesi sviluppati e sia attento ai bisogni dei paesi in via
di sviluppo di eradicare la povertà e di promuovere lo sviluppo, il
nuovo trattato potrebbe essere una parodia del Protocollo di Kyoto
dove, alcuni emittenti chiave come il Giappone, l’Unione Europea e
l’Australia si vincolano mentre altri come la Cina e l’India
restano fuori.