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domenica 2 dicembre 2012

Ancora mistero sul futuro del Protocollo di Kyoto





Chiara Zanotelli, inviata speciale a Doha/ Agenzia di Stampa Giovanile Internazionale 

Considerazioni dopo la tavola rotonda con i due co-chairs della Piattaforma di Azione di Durban,  tenutasi nella Sala degli incontri blu. Prima che l’aurea del tanto atteso e ormai imminente giorno di riposo iniziasse a pervadere i corridoi del Qatar National Convention Center

Le discussioni a Doha di questi giorni sono attese essere un passo importante per la storia dei negoziati sul clima delle Nazioni Unite. Il gruppo di lavoro ad hoc del Protocollo di Kyoto (AWG-KP) e quello sull’azione cooperativa di lungo termine (AWG-LCA) hanno il mandato di completare il loro lavoro, e si sta svolgendo la seconda sessione formale del gruppo di lavoro per la Piattaforma di azione avanzata di Durban. Le sessioni di apertura di questi gruppi di lavoro danno una piccola angolatura di quello che ci si può aspettare da Doha e una spiegazione di questa nuova fase nei negoziati sul clima e del paesaggio politico dietro a questa.

Durban ha ufficialmente offuscato la distinzione tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo con la creazione della Piattaforma di Azione Avanzata di Durban (ADP). L’ADP - il cui obiettivo è quello di sviluppare un protocollo, un altro strumento legale o un risultato convenuto con forza legale applicabile a tutte le parti - è il risultato finale di estese negoziazioni e dispute che sono iniziate già nel 2005 con l’avvio delle discussioni su un secondo periodo di impegni del Protocollo di Kyoto.

Mentre l’obiettivo dell’ADP è ambizioso, è nelle mani di ogni parte il compito di disegnare un regime universale che sia consistente con il processo e i principi della Convenzione. Come ci si doveva aspettare, le posizioni degli stati per quanto riguarda la chiusura dell’AWG-KP e dell’AWG-LCA, come anche la forma legale e la struttura del nuovo accordo, variano assai. Mentre i paesi in via di sviluppo danno il benvenuto al progresso fatto dall’ADP nelle sessioni informali e formali tenutesi rispettivamente a Bonn e a Bangkok, essi mostrano anche una grande preoccupazione riguardo ad alcuni punti chiave rimasti irrisolti a Durban che i paesi sviluppati vogliono completamente ignorare. Tra le questioni c’è la mancanza di impegni solidi da parte dei paesi sviluppati di ridurre le emissioni di gas serra sotto il secondo protocollo di Kyoto, parallelamente a sforzi analoghi, sotto l’ombra della Convenzione, da parte dei paesi sviluppati non-parti del Protocollo, come gli Stati Uniti. 

Manca anche un accordo chiaro da parte dei paesi industrializzati di fornire sostegni finanziari per la mitigazione e l’adattamento per il periodo 2013-2020. I paesi in via di sviluppo sostengono che tali questioni devono essere affrontate qui a Doha per completare con successo il lavoro dei due gruppi di lavoro, per semplificare il lavoro che seguirà sotto l’ombrello della Piattaforma d’Azione di Durban e per raggiungere un accordo comprensivo tra gli stati.

Mentre l’Unione Europea e alcuni altri gruppi, tra cui quelli della cosiddetta OMBRELLA, che include parti come gli Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone, sollevano potenziali questioni, sia dalle asserzioni che dalle dichiarazioni fatte nella sessione iniziale dell’ADP, reiterando il bisogno di un nuovo accordo che sia applicabile a tutti, ma senza fornire ulteriori dettagli sul come raggiungere questo obiettivo, sono particolarmente interessata dalle rumorose richieste di altri paesi come Cina, India, Brasile, affinché l’ADP applichi in tutti gli aspetti della sua agenda i principi della Convenzione. La dichiarazione del gruppo BASIC è supportata da alcuni di quei paesi chiave come ALBA (America Latina), il G77 e Cina e il Gruppo Africano. La posizione del gruppo BAASIC in particolare reitera che in nessuna circostanza sarà disponibile a sopportare il fardello - la responsabilità storica dei paesi sviluppati di ridurre le emissioni di gas serra e concedere i finanziamenti e la tecnologia necessari ai paesi in via di sviluppo per affrontare i loro bisogni di adattamento e rinforzare gli sforzi di mitigazione intrapresi - dei paesi sviluppati.

Le ONG, orientate verso la giustizia climatica, e molti paesi in via di sviluppo sostengono già da molto tempo che il forte desiderio dei paesi sviluppati di giungere a stipulare un trattato che sia applicabile a tutti, ma senza fornire molti altri dettagli a riguardo, sia una scappatoia per sfuggire alle proprie responsabilità nel rispondere alla crisi climatica. Che questa considerazione sia corretta o no, le posizioni dei paesi in via di sviluppo in riguardo al lavoro dell’ADP rendono chiaro che il principio delle responsabilità comuni ma differenziate rimarrà un elemento chiave sul tavolo dei negoziati. L’elaborazione di un accordo ad applicazione universale che rifletta questo principio essenziale della Convenzione è un compito ambiguo e richiederà sempre molta attenzione e precauzione da parte di tutti gli stati. Comunque, a cosa assomiglierà questo accordo, in termini di forma legale e struttura, resta un mistero. È certamente troppo presto da dire, ma se l’ADP non sfornerà un prodotto che consideri responsabili storici i paesi sviluppati e sia attento ai bisogni dei paesi in via di sviluppo di eradicare la povertà e di promuovere lo sviluppo, il nuovo trattato potrebbe essere una parodia del Protocollo di Kyoto dove, alcuni emittenti chiave come il Giappone, l’Unione Europea e l’Australia si vincolano mentre altri come la Cina e l’India restano fuori.


giovedì 29 novembre 2012

Cambiamenti climatici: il nostro futuro alla COP18 a Doha





A Doha, si è aperta Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici. Presente anche una delle partecipanti trentine a Rio +20, la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile tenutasi a Rio de Janerio nel giugno scorso.

Dal 26 novembre, i rappresentanti di 190 paesi si danno appuntamento a Doha, in Qatar, per una settimana dedicata ai negoziati per discutere e prendere provvedimenti sull’emergenza clima. Si tratta della diciottesima conferenza mondiale delle parti della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (Unfccc). Sono soprattutto i paesi in via di sviluppo che si trovano a dover fare delle scelte importanti per ridurre le emissioni e limitare gli effetti dei cambiamenti climatici che anche di recente non sono mancati, con tutta una serie di eventi climatici estremi.
A raccontare l'evento c'è l'Agenzia di Stampa Giovanile Internazionale (www.agenciajovem.org), un'iniziativa di Viração Educomunicação, in Brasile, assieme ad altre organizzazioni di altre paesi, come la Fundación Tierra y Vida, in Argentina, e la Campagna internazionale Rio +Tu.
I questi giorni sarà la giovane trentina Chiara Zanotelli a raccontarci cosa è in gioco a Doha. Ecco la sua prima testimonianza.


27 Novembre 2012. È difficile vedere al giorno d’oggi una grande città in fase di costruzione. Eppure, atterrando nella capitale del Qatar, accompagnati da un’alba coloratissima, in una giornata di fine Novembre, è questo lo spettacolo opulento che Doha offre agli occhi dei 15000 partecipanti arrivati in questi giorni in Qatar per partecipare all’annuale Conferenza sui Cambiamenti Climatici (COP 18 of the UNFCCC).
Guardando dal finestrino del taxi, mentre percorro la strada diritta che costeggia la baia, si notano spicchi di deserto in mezzo a grattacieli di vetro, sede delle più importanti compagnie petrolifere e di gas del mondo, musei dalle architetture bizzarre, il distretto diplomatico, il parlamento con la maestosa fontana, il campus universitario e le Toyota bianche che sfrecciano veloci alzando nuvolette di sabbia.
Sono a Doha, per esprimere insieme ad altri ragazzi provenienti da tutto il mondo, attraverso YOUNGO, il movimento dei giovani sorto attorno alla Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico, le nostre preoccupazioni sullo stato del Pianeta, per influenzare e fare pressione sui delegati affinché le nostre idee e le nostre proposte, che elaboriamo democraticamente nei gruppi di lavoro, siano ascoltate durante i lavori nella Conferenza, per rappresentare tutti i giovani che sono attivi in ogni continente e Paese per non riservare al futuro importanti decisioni che devono essere assunte nel presente, per prenderci cura di quell’eredità pesante che tra poco ricadrà nelle nostre mani e sarà nostra responsabilità curare per il ben vivere comune, per imparare a lavorare insieme e ad assumere decisioni democratiche e rispettose della diversità e della critica, ma anche per portare le notizie ai nostri coetanei e a tutti i cittadini del mondo.
Tante sono le cose da scrivere, da discutere, tanto il lavoro. Questo 18° incontro della Conferenza delle Parti della Convenzione Onu sul Cambiamento Climatico si raduna all’indomani di ennesimi episodi disastrosi e gravi che continuamente e a macchia di leopardo stanno colpendo tutti, in ogni parte del mondo. L’uragano Sandy, il più pubblicizzato e recente evento naturale, ha causato 50 miliardi di dollari con la devastazione che ha toccato la costa est degli Stati Uniti.

Domande ancora senza risposte

Quanto tempo occorrerà per portare il problema all’ordine del giorno dei governi che per noi giovani cittadini decidono? Quanto tempo per riempire le agende di impegni seri e azioni concrete? Perché tanti adulti ancora non credono nel cambiamento climatico oltre ogni limite sostenibile dal nostro Pianeta indotto dal comportamento umano? Perché gli adulti non sono disposti ad ascoltare e continuano a nuotare nel presente? Che cosa dobbiamo fare noi giovani per creare un dibattito robusto attorno ad un problema che tocca già tutti noi, un problema che è presente e non solo ipotetico e lontano? Perché è così facile discutere dei problemi che circondano la questione climatica in gruppi di lavoro multiculturali e multilingua, dove non conta altro che la motivazione, la conoscenza e la preparazione, lo studio, la determinazione, il rispetto e l’impegno per trovare una conclusione piena di contenuto che soddisfi tutti?

Siamo così diversi dalle generazioni precedenti? Perché siamo preoccupati, mentre gli adulti che decidono, si affannano e affondano nel presente, o addirittura ignorano i problemi alla radice? Non dovrebbe essere l’età adulta l’età della maturità e delle decisioni serie e ragionevoli? Che cosa è successo a questa nostra generazione di giovani che sembrano più saggi di centinaia di adulti che si incontrano senza avere un’agenda seria e lodevole? Chi sono questi adulti che non pensano? Che cosa ci rispondono nelle sale dei corridoi? Ci raccontano che molti stati sono piegati dalla crisi, dalla disoccupazione; che è complicato accordare tutti, Paesi ricchi e Paesi poveri, Paesi del Nord e Paesi del Sud; che ci sono problemi più imminenti. Perché tutto questo non succede nei nostri tavoli di lavoro? Perché cinesi, indiani, americani australiani, russi e tedeschi riescono a trovare una soluzione ad ogni questione che viene posta alla loro attenzione?

Perché riusciamo a parlare di cambiamento climatico e a lottare per i nostri diritti, senza dimenticarci allo stesso tempo degli altri problemi, primo tra tutti la paura di non trovare lavoro? Perché dedichiamo i nostri week-end e le nostre vacanze per prepararci ad una Conferenza intergovernativa, dove, come dice la stessa parola, solo i Governi hanno la parola e decidono svincolati da impegni morali? Siamo così ingenui da sprecare le nostre energie, in un gioco estremo e faticoso, perché annoiati dalla quotidianità? Perché riusciamo a finanziarci, anche se con enormi difficoltà, perché paghiamo il nostro biglietto di aereo per arrivare dall’altra parte del mondo?

Per passare da una Centro convegni dove fa freddo, a causa dell’ aria condizionata, ad un altro Centro, analogamente preservato con temperature glaciali, attraverso una porta che conduce il pedone per qualche minuto a camminare sotto un sole intenso e insopportabile in mezzo alla sabbia del desero? Perché scriviamo e discutiamo fino a tarda notte, qualcuno con la febbre, qualcun altro con l’emicrania o semplicemente con tanta voglia di andare a dormire, nelle nostre stanze degli hotel e ostelli dove alloggiamo, le migliori strategie e interventi del giorno successivo? È un modo alternativo per passare il nostro tempo, annoiati dalla quotidianità? Si parla spesso di responsabilità storiche dei Paesi sviluppati come cavallo di battaglia dei Paesi in via di sviluppo, per non cedere alle richieste dell’altro…perché non viene accolta altrettanto seriamente nelle discussioni la responsabilità intergenerazionale?
Scrivere e agire, lavorare sui testi che sono sottoposti a discussione, dopo mesi di preparazione, parlare e ancora scrivere: questo nostro lavoro qui a Doha è un invito per tutti voi cittadini ad ascoltare. E ad esprimere le vostre paure, le vostre opinioni, affinché le idee di molti con risolutezza possano in fretta essere scritte in un accordo legalmente vincolante.
Nel mondo di internet le notizie sono immediate e noi giovani abbiamo bisogno di essere seriamente ascoltati, da voi cittadini, persone razionali e umane, perché qui a Doha stiamo combattendo contro i mulini a vento e le nostre parole si disperdono nelle dune del deserto. È mia intenzione a breve parlarvi delle aspettative di questo Vertice, e di come funziona l’ingarbugliato meccanismo che caratterizza i negoziati sul clima. Non in questo articolo.
Le notizie sono già disponibili ovunque, in qualsiasi lingua e formato mediatico, per ogni gusto, basta avere il tempo di scegliere, per due minuti al giorno, che tipo di notizia ascoltare e in quale stile. La televisione è un mezzo di comunicazione che appartiene al Novecento, nel nuovo Millennio non può essere più l’unica fonte di notizia. Informatevi e parlate cittadini, noi giovani abbiamo bisogno di voi. Oggi. Nei nostri Paesi di origine, non necessariamente a Doha.